Peppe Santangelo è sempre una conferma, ogni volta è una sorpresa. Oggi molta produzione para-jazz o pseudo-jazz si trincera sul concetto di mescolanza, di contaminazione o di sperimentazione, ma quando ti capita tra le mani un lavoro di Santangelo, capisci che si tratta jazz, punto e basta! Chiamatelo post-bop, chiamatelo post-Coltrane, post-Rollins, in ogni caso Peppe è la rappresentazione estetica, formale e sostanziale, del jazz moderno di matrice afro-americana, declinato in tutte le sue formule espressive: hard bop, modale, free-form.

Oltretutto Santangelo con «The Seller Of Ideas» si conferma anche come un valido ed estroso compositore di musica jazz, e sottolineo jazz, non divagazioni peripatetiche o germaniche; piuttosto il musicista siciliano ha la capacità di elaborare un costrutto sonoro che, pur mantenendo un legame con la tradizione dei grandi sassofonisti dell’epopea aurea del bebop, ben si attaglia ad un concept contemporaneo ed ispirato dalle recenti congiunture mondiali o dalle disfunzioni della società post-moderna. Ecco come l’autore ci racconta questa sua ultima fatica: «È l’album della denuncia Artistica e del mio impegno Sociale e Civile nella società moderna. È l’album che pone al primo posto la responsabilità che dovrebbe avere ogni Artista consapevole, di raccontare in modo critico i rapporti tra l’autorità pervasiva e l’autodeterminazione del singolo, da questo il titolo «Il Venditore di Idee». È una denuncia dell’ipocrisia del potere, in qualsiasi forma essa si manifesti e qualsiasi colore esso abbia. Dopo aver confermato con «My Name Is» il mio stile e la mia direzione musicale, ho sentito il bisogno, dopo due anni di pandemia, di esprimere musicalmente il mio pensiero critico e super partes, tramite la musica».

Questa è la filosofia che sorregge «The Seller Of Ideas», quarto capitolo dell’avventura musicale del sassofonista siciliano, proposta nella formula del «Peppe Santangelo Trio», un triunvirato di recente conio che Santangelo ha assemblato scegliendo dei compagni di viaggio eccellenti non solo sotto il profilo tecnico-esecutivo o dell’esperienza, ma soprattutto per il feeling e la complicità che essi avevano saputo sviluppare durante le numerose collaborazioni live e in studio. Francesco di Lenge alla batteria e Giulio Corini al Contrabbasso hanno riunito le loro rispettive abilità, le capacità di coesistenza e collegialità sotto l’egida del sassofonista-compositore che li ha guidati attraverso un live-set viscerale, alimentato da un interplay rutilante e continuo, che riporta subito alla mente l’idea del sax-trio pianoless presente nelle massime opere di Sonny Rollins, come il mitico live al Village Vanguard. Non sto esagerando: la storia è la storia, ma dalle prime note di «The Seller Of Ideas», si ha come l’impressione di vedere e di sentire il vecchio «Colosso» che smanetta e urla contento: «Vai Peppe, sembri proprio me, quando avevo la tua età!». Fuor di metafora, la potenza di fuoco che esce dalla campana di Santangelo è impressionante. Un colata di lava incandescente che travolge tutto e tutto e non concede respiro. Dimenticate le ballate melliflue e ruffiane per cuori infranti o per cercatori di muschi e licheni scandinavi. Peppe fonde a caldo i lapilli dell’Etna e la rabbia di Harlem, gettando un ponte ideale tra Italia e America, tra Blue Note e Impulse! Records, tra Sonny Rollins e John Coltrane, tra Wayne Shorter e Dexter Gordon, tra Santangelo e St.Thomas.

Il sassofonista leader ci spiega la scelta della copertina e del suo particolare art-work: «Già con l’immagine di copertina, disegnata dal Fumettista Paolo Di Clemente, abbiamo voluto denotare un messaggio ben preciso per immagini. Da Dante, che immaginava gli ipocriti nella sesta bolgia dell’ottavo girone dell’inferno vagare coperti da una cappa d’oro, ad Orwell, con le sue famose frasi ipocrite propagandate dal Grande Fratello in 1984, oppure altre parole come Green o Assange, simbolo dell’ipocrisia della nostra epoca, tese ad indicare una lunga liaison sui metodi del potere e delle sue propaggini. Abbiamo creato un’immagine e una ubicazione nuova, che è quella dell’uomo d’affari, ammantato d’oro, che esce dal palazzo della borsa, vera sede, oggi, delle decisioni che interessano e coinvolgono le masse indifese da questo nuovo attacco da parte del potere nei confronti dell’autodeterminazione del singolo».

Il disco è stato registrati in studio in due sole velocissime sessioni, da cui sono stati tratti due set completi della durata di 45 minuti l’uno, ma solo il secondo è entrato a far parte del progetto, «The Seller Of Ideas». È probabile che vi sarà un follow-up con il materiale del primo set, ma questa è solo una mia fantasia, non ancora confermata. La sequenza narrativa di quessto suggestivo Live In A Room», mai sottotitolo fu più azzeccato, è concepita come una suite suddivisa in due parti contenenti sei brani. L’opener affidato a «The Scientist» è un bop ipermodale dalla struttura coriacea introdotto dal basso e srotolato nella prima parte dal sassofonista che gioca su frasi e brevi e volteggianti, passando con disinvoltura dal registro basso a quello alto dello strumento, ma dopo il cambio di passo, la retroguardia si fa più insistente ed il loro groove induce Santangelo a repentini cambi di umore, mentre il fraseggio assume una doppia personalità espressiva, che pur nella sua originalità sembra riversare la potenza di Rollins nel sax di Coltrane. «The Doctor» è un iperbole dissonate, ma contenuta, il sassofonista s’inerpica per territori impervi e trasversali, ma non perde mai il controllo della situazione, mentre la sezione ritmica ne segue lo sviluppo ed agisce da contenimento: molto suggestivo lo scambio tra sax e basso ad arco. «The Religious», assume i contorni di un post-bop spirituale e ieratico, con una lunga improvvisazione libera senza limiti di registro, fin quando Santangelo non recupera la via maestra di una melodia sospesa ed ipnotica, già accennata nell’introduzione del tema. La ripresa di «The Doctor» si sostanzia attraverso l’incremento di elementi dissonanti e un groove più tagliente, perfino con qualche richiamo ornettiano e sheppiano.

La seconda parte della suite si apre con «The Journalist», nel cui abbrivio aleggia ancora lo spirito rollinsiano con una vaga citazione di «St.Thomas», ottimo il ponte gestito dal walking di basso, complice la batteria, ma Santangelo fugge presto da ogni tentazione simil-calypso e si butta in una progressione che ricorda il Sonny Rollins di «East Broadway Run Down», altro gioiello di sax-trio pianoless. Trascinante il finale affidato ai tamburi. In chiusura, «The Billionaire» esplode subito con il tema lanciato dal sax in tutta la sua potenza di fuoco. Al primo cambio di passo si entra in un’altra dimensione, mente Santangelo mostra le facce molteplici di un sassofonista completo e maturo che non lesina sull’inventiva e sulla tecnica, ma soprattutto il fraseggio serpentino ora in risalita, ora in picchiata, avvolge l’ascoltatore in una spira di sensazioni non comuni. Senza il pianoforte un sax può davvero fare miracoli avendo una prateria davanti, libera da costrizioni armoniche talvolta limitanti. E vi garantisco, Peppe Santangelo con il sax in mano è un miracolo della natura. In privato, mi aveva detto: «ho fatto un disco cazzuto». Con tutto il rispetto per l’Accademia della Crusca, per fare jazz di questo livello, e parliamo di jazz, ci vuole proprio quella che a Napoli chiama «cazzimma», intesa in senso positivo come determinazione e forza di volontà nel combattere anche le avversità. Cantava Pino Daniele: «tengo a cazzimma e faccio tutto quello che mi va». Peppe Santangelo fa molto bene quello che gli va.

È possibile acquistare e ascoltare il disco in formato digitale su Bandcamp a questo link:

https://peppesantangelo.bandcamp.com/album/the-seller-of-ideas-live-in-a-room

Francesco Cataldo Verrina