Una bella chiacchierata con uno dei più bravi critici musicali italiani, che ci parla del suo ultima fatica letteraria da poco uscita per le Edizioni Arcana. Nel libro Ayroldi ci parla delle problematiche dell’industria italiana della musica, con i suoi attori principali: case discografiche, musicisti, cantanti, manager e non solo.

“Fatti e Misfatti dell’industria musicale italiana” é il secondo libro che scive su questo genere, qual’è stato il motivo che l’ha spinto a questa decisione?

Insegno Legislazione dello spettacolo con il Diritto d’autore delle opere musicali, rifacendomi anche al libro precedente, da circa 15 anni al Saint Louis College of Music di Roma – Alta Formazione Artistica Musicale; mentre per la University of the West of Scotland, università statale scozzese, mi occupo di Scrittura Accademica in ambito musicale, Diritto d’autore ed Economia dell’Industria Musicale e Storia della Popular Music. Di conseguenza mi occupo del sistema dell’industria musicale, materia che ho sempre approfondito anche dal punto di vista giornalistico. Per esempio per la rivista “Musica Jazz”, con la quale collaboro da circa quattordici anni, ho una rubrica che si chiama “Jazz dietro le quinte”, in cui chiaramente parlo e affronto tematiche e problematiche relative alla organizzazione di Festival o Rassegne Jazz. E’ questo è il motivo che mi ha spinto a scrivere di questi temi, anche perché ricopro un ruolo di organizzatore con il Beat Onto Jazz Festival, con la direzione artistica di Emanuele Dimundo e, nel corso degli anni, ho ricoperto il ruolo di direttore artistico anche per tante realtà, come il Ueffilo Jazz Club di Gioia del Colle, la rassegna Art Felix a Foggia, il festival Treterre in collaborazione con Maria De Filippis.

Sono anche laureato in giurisprudenza, ho esercitato la professione forense con una specializzazione in Diritto commerciale e, oramai da più di 40 anni mi occupo di musica professionalmente. In realtà, così come per il precedente La Legislazione dello spettacolo e il diritto d’autore delle opere musicali, mi sono accorto che non vi erano dei testi in materia aggiornati. E, quindi, di qui l’esigenza di creare un testo unitario, con una serie di considerazioni critiche personali. Ho voluto cooptare in questo lavoro Fiorenza Gherardi de Candei, autorevole ufficio stampa in ambito culturale ed esperta di comunicazione e autopromozione e su questi temi ha occupato un capitolo importante; e anche Sabrina Pecoraro, che si è dedicata al rapporto tra i fan e l’artista e ai videoclip. Ogni capitolo, quindi ogni macroaerea trattata si conclude con un intervista ad esperti dei vari settori, come Gianna Fratta, Stefano Mastruzzi, Claudio Angeleri, Luca Conti, Alessandra Micalizzi, Giordano Sangiorgi, Riccardo Vitanza, Alessandro Fedrigo, Simona Parrinello, Gianluca Testani, Giovanna Mascetti, Claudia Barcellona.

Alceste Ayroldi

Lasciamo un attimo i suoi libri, vorrei chiederle un po’ di lei. Qual é stato il suo percorso per arrivare ad essere quello che é, oltre al critico musicale naturalmente. E come ha scoperto la passione per la musica ed in particolare per il Jazz

Mi sono avvicinato alla musica studiando chitarra classica per 8 anni, per poi passare all’hard rock con una band durante il periodo universitario: gli Helgard. Intanto avevo iniziato a scrivere, collaborando con alcune testate giornalistiche e radiofoniche, dato avevo iniziato a fare radio appena terminato il liceo, occupandomi di rock. Nel frattempo ho lavorato come DJ e come P.R. per alcune discoteche della riviera romagnola, la musica é stata sempre una mia compagna di vita, diciamo che professionalmente me ne occupo dal 1982. Il jazz mi é stato sempre familiare, anche se non avevo mai approfondito la sua conoscenza. La folgorazione l’ho avuta nei primi anni Ottanta, a Bari, la mia città, ascoltando un concerto del Pat Metheny Trio; poi ho iniziato a studiare questo tipo di musica e ad approfondirla meglio. Ascoltavo anche Rai stereo notte, che é stata una palestra da questo punto di vista per quanto riguarda la conoscenza di tanti gruppi e artisti in ambito jazz. Ho studiato anche musicologia afroamericana iniziando poi a collaborare con alcune riviste di jazz, il Giornale della Musica, Jazz-It, Jazzitalia, Jazz Convention e anche Musica Black di cui mi occupavo proprio di musica afroamericana, oltre ad alcuni periodici pugliesi.

Torniamo ai suoi libri ed in particolare al primo: ”La Legislazione dello spettacolo e il Diritto d’Autore nelle Opere Musicali”, un musicista o un cantante indipendente, oggi riesce ad essere tutelato?

Con l’autoproduzione può mantenere tutti i diritti sulla sua musica e quindi esserne l’unico titolare. E’ logico che se poi ha bisogno di distribuire e far conoscere il proprio prodotto non tanto dal punto di vista digitale, ma soprattutto da quello fisico, allora iniziano ad esserci dei problemi perchè é costretto a scendere a dei compromessi: questo purtroppo é scontato. Il primo compromesso che viene messo sul piatto da manager o case discografiche é di firmare un Contratto di Edizione, ecco da quel momento l’artista perde in maniera totale o, nei casi migliori, parziale la titolarità dei diritti sulla sua opera/e artistica. Poi per altri versi invece, il Diritto d’Autore italiano é una legge a mio avviso buona, anche se ogni tanto ha bisogno di qualche ammodernamento, con una intelaiatura molto solida, ben strutturata, che invece rispetto al copyright offre molte più garanzie al musicista, perchè detiene oltre al diritto patrimoniale il diritto morale. Questo significa che, in alcuni casi, l’ultima parola spetta al musicista se vede offesa la propria moralità.

Vorrei chiederle anche del ruolo della SIAE, che per definizione é: “un ente pubblico economico a base associativa, senza scopo di lucro”. Così com’è strutturato, é un valido strumento di difesa per gli artisti o andrebbe modificato? Cosa ne pensa?

Bisogna partire dal tipo di rapporto che si é instaurato con l’ente, tenendo conto del fatto che si possa essere un associato oppure andare ad operare con l’ente dietro a mandati specifici. Teniamo conto anche di un’altra cosa, che da qualche anno fortunatamente la Siae ha aperto una porta verso i più giovani, che permette loro di iscriversi gratuitamente e quindi senza sobbarcarsi nessun costo. Per quanto riguarda il servizio di tutela io lo trovo molto valido, perché garantisce il musicista o l’avente diritto, nel caso che il musicista abbia ceduto i diritti sull’opera, almeno dal lato economico. Questo perché c’é innanzitutto un controllo, anche se alcuni lo reputano altamente stringente mentre altri lo ritengono lacunoso, però comunque la si pensi, questo controllo c’é.

Cosa che invece Soundreef probabilmente non riesce ad offrire completamente, anche perché non ha la rete di agenzie che offre Siae. Certo sarebbe auspicabile che la Siae abbassasse i costi e le spese, causate probabilmente dal fatto che ormai da molti anni é diventata un carrozzone elefantiaco, grazie anche a una politica di assunzioni iniziata tanti anni orsono, che ha portato ad essere le strutture amministrative quasi ministeriali; mentre, invece, considerando i tempi in cui viviamo e le tecnologie a disposizione, dovrebbero essere delle strutture molto più snelle. Abbassare i costi é fondamentale perché altrimenti gli organizzatori di eventi sono disincentivati ad organizzare concerti o Rassegne live e se si suona meno guadagnano meno anche gli artisti, perché purtroppo il live é rimasta l’unica fonte di guadagno, dato che non si vendono più dischi.

Alceste Ayroldi

Riparliamo adesso del suo secondo libro, uscito da poco: “Fatti e misfatti dell’industria musicale italiana”. Ho un paio di domande da farle, che ho ripreso dalla quarta di copertina, e sono queste:

I conservatori e le scuole di musica sono adeguati e al passo con i tempi?

Anche questo tema l’ho trattato nel mio ultimo libro. Cominciando dalle scuole di musica, devo dire che la maggior parte offrono servizi adeguati con i tempi, fermo restando che é l’insegnante che fa la differenza. Ci sono insegnanti capaci e altri meno capaci, però l’organizzazione in una scuola di musica oggi non può prescindere, secondo il mio parere, dalla conoscenza di altri fattori. Gli studenti di musica a prescindere che siano studenti di conservatori o di scuole di musica private o paritarie devono conoscere anche altri elementi così come vengono studiati in tutte le altre scuole di musica del mondo. Io per esempio insegno anche i università straniere e certe materie sono imprescindibili. Negli Stati Uniti, per esempio alla Berklee o alla Julliard e sono materie come il Marketing, la comunicazione, la legislazione, la conoscenza dei sistemi economico-amministrativi basilari.

Queste materie nei nostri conservatori o scuole di musica sono letteralmente invise, perché non ritenute all’altezza dell’arte e della musica e viene dato per scontato che non facciano parte del bagaglio dell’artista. Mentre invece un artista é un imprenditore, un imprenditore di se stesso e questa cosa negli altri paesi é risaputa da tempo, Un altro problema dei conservatori é la razionalizzazione della loro rete, a mio avviso ce ne sono troppi con un enorme spesa a carico dello stato mentre ci si dovrebbe concentrare su un numero minore per aumentare il livello qualitativo e al passo con i tempi: cosa che, d’altro canto, è fatta con le università e le istituzioni scolastiche.

E della critica musicale che ne pensa, é vero che é stata sepolta dallo spirito libero dei social?

Purtroppo, oramai, molta gente prende in considerazione il poter scrivere liberamente sui social come se fossero riviste o giornali di settore. A me personalmente é capitato più volte di sentire delle persone, dopo aver ascoltato un concerto Jazz o di altro genere, che parlando dei musicisti o del progetto musicale dicevano con piglio professionale: ”ma io l’ho anche scritto su Facebook”. Soprattutto tra i più giovani, naturalmente, la critica musicale stenta a trovare una collocazione reale. Fortunatamente però, alla lunga, se uno scrive una serie di boiate alla fine viene fuori, anche se agli occhi dei più giovani, spesso, chi scrive sui social può avere più appeal di un critico affermato che scrive per delle testate giornalistiche. Un bel post fatto da un Influencer, per esempio, sempre per quanto riguarda i giovani artisti (ma anche per qualcuno più attempato), economicamente parlando può essere considerato più importante di una recensione fatta da un bravo critico musicale su un giornale di settore, su siti o radio anche abbastanza titolate, purtroppo é anche il segno dei tempi e bisogna prenderne atto.

Immagino che al momento sarà occupato alla promozione del suo ultimo libro, “Fatti e misfatti dell’industria musicale italiana”. Posso chiederle quali programmi ha per il futuro?

Naturalmente adesso mi occupo delle varie presentazioni e promozioni del libro da poco uscito. In futuro, credo a febbraio 2024, sarò di nuovo su Rete due Radio Svizzera Italiana, dopo esserci stato l’anno scorso con Pillole di Jazz. Questo nuovo programma si chiamerà “Music and Crime”, dove parlerò della liaison che vi é tra la criminalità e la musica e sto lavorando anche su un progetto editoriale su Palermo che spero di terminare entro giugno. Poi, continua anche nell’anno 2023-2024 la mia collaborazione con il Centro Didattico di Produzione Musica di Bergamo, diretto dal Maestro Claudio Angeleri e con l’Art Village di Roma, diretto dal Maestro Luciano Cannito. Ovviamente, continuo la mia attività con la University of The West of Scotland, con Mast di Bari, diretto dal Maestro Antonello Boezio e con il Saint Louis College of Music di Roma con la direzione del Maestro Stefano Mastruzzi.

Alceste Ayroldi

Biografia:

Laureato in giurisprudenza cum laude, si occupa di musica in maniera professionale dal 1982. Ha studiato chitarra classica, per poi passare alla batteria. Negli anni Ottanta è stato il vocalist del gruppo heavy metal Helgard. Sempre negli anni Ottanta-Novanta è stato animatore, deejay, P.R. in alcune discoteche della costa adriatica (Byblos, Riccione; Cocoricò, Riccione; Shalimar, Jabì, Senigallia; organizzatore del Life 2 di Triggiano (Ba) e del Ku-Shin-Kai di Bitritto (Ba), anche come responsabile della comunicazione.

E’ il responsabile della comunicazione, producer e consulente artistico di numerose realtà culturali e festival del territorio italiano, quali il Mediterraneo Jazz Festival, Multiculturita Summer Jazz Festival, Beat Onto Jazz Festival, Concorso Internazionale di Musica Pietro Argento, Concorso Internazionale di Musica San Nicola di Bari, Accademia dello Spettacolo “Unika”, Associazione Culturale Researchpress – Centro Studi Franz Liszt, Legature (rassegna di musica classica).
Già condirettore artistico di Ba.Si. Jazz, in collaborazione con la Fondazione Siena Jazz. Ha studiato Critica Musicale e Musicologia Afroamericana

E’ stato collaboratore delle rivista bimestrale Jazzit, oltre che numerose webzine e magazine, quali: Jazz Convention, MusicaBlack, Pool, Ago, Blue, L’Informatore, Nightguide. Ha collaborato con la rivista mensile Il Giornale della Musica. Oggi collabora stabilmente in qualità di critico musicale con la rivista Musica Jazz per la quale cura le rubriche New Frontier e Time Out e cura anche il sito della rivista (www.musicajazz.it), ed è Editor Manager della webzine Jazzitalia, nonché con il magazine on line e free press Andy Magazine di Milano e con la webzine Pugliajazz. E’ docente di storia della musica moderna e contemporanea nonché di Legislazione e Marketing dello Spettacolo.

Nella sua carriera ha collaborato ed intervistato i più grandi artisti italiani e internazionali.